Siamo ai titoli di coda per questo nuovo affare per il Napoli: Leo Ostigard. Il difensore ...
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Uscito dalle mura amiche del San Paolo con le ossa rotte, non tanto per il risultato quanto per la classifica, il Napoli di Benitez si ritrova, il giorno dopo, in discussione. Il pubblico partenopeo vuole vincere, oggi come non mai. Il dolce sapore dell’essere sul tetto di una nazione intera è, ormai, talmente lontano da esser quasi mitologico nella sua intensità.
Alla sbarra l’allenatore spagnolo in primis, reo di non essersi coperto, di non aver attaccato, di non aver fatto giocare Tizio o di aver fatto giocare Caio. Chiacchiere. Benitez ha portato, fin dal suo primo giorno a Castelvolturno, una concezione nuova di calcio, concezione che mal si sposa con un Paese poco incline al cambiamento come il nostro. E allora giù critiche, quando si perde. Perché, in Italia, il calcio è così: la piazza è sempre pronta a salire sul carro del vincitore e a portarti in trionfo, salvo poi alla prima buca affossarti e coprirti di calci e pugni.
E allora non è raro leggere, nel post-gara, nostalgici messaggi d’amore per Mazzarri e per il suo difensivismo, dimenticando però che quest’anno, finalmente, in campo il Napoli esprime gioco, sin prisa sin pausa, comanda le partite, non si limita a subirle.
Con Benitez alla sbarra la difesa. Fernandez a targhe alterne “inguaia” pure Albiol, che resta comunque il punto fermo di una retroguardia che senza il suo apporto sarebbe impresentabile. Maggio è poco incline a fare il terzino, si alza spesso e lascia spazi indietro. Dall’altra parte Reveillere, che ieri sera ha esordito, e Armero. Se il vecchietto francese poteva fare meglio, ma lo si perdona (la “prima” si può sbagliare?), la freccia colombiana è in linea col suo momento no. Non aggiunge niente e ha difficoltà a interpretare un ruolo non suo dimostrando tutta la sua pochezza, tanto da diventare, nell’ironia gioviale, il termine di paragone con cui “sfottere” l’amico nella serata del calcetto.
È proprio per questa sua inguaribile inadeguatezza al ruolo che qualche giorno fa si è parlato di un suo trasferimento all’Inter nell’affare Ranocchia (si veda "Pazza idea Ranocchia: pronto il doppio sacrificio"), anche alla luce del ritorno di Zuniga e del prossimo arrivo di Antonelli.
A Milano, quindi, in compagnia dell’altra ferita aperta, quel Cannavaro che Benitez non vede.
A centrocampo è aperto già da qualche tempo il capitolo Inler, che non rende perché non in forma smagliante. Dzemaili dimostra sempre la sua utilità nel sostituire qualcuno lì in mezzo, ma per uno che ha importanti caratteristiche offensive non è semplice fare il Behrami di turno. Inoltre con Radosevic ancora non reputato pronto – e questo mi sorprende – urgerà, nel mercato di gennaio, ampliare la rosa con un giocatore di quelle caratteristiche. Mascherano? Difficile, se non impossibile. Solo un’improbabile trattativa di scambio alla pari con Zuniga potrebbe sbloccare la situazione. Gonalons? Forse. Buon giocatore, anche se non un top player.
Infine, il capitolo attacco, con i 40 milioni spesi per Higuain che pesano parecchio. Criticato fin dall’incidente estivo, l’argentino, nonostante importanti problemi fisici, ha sempre risposto presente fornendo alla squadra un apporto non solo realizzativo (10 gol e 5 assist in 17 partite) ma anche e soprattutto di gioco. Capisco che molti non contemplino un top player di quella caratura che non gioca arrogantemente ma “si nasconde” mettendosi al servizio della squadra e dei compagni; Higuain, alla fine della fiera, dimostrerà comunque a tutti ciò che vale, altro che i miseri 40 milioni.
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